Ho molto apprezzato il libro «Je so’ pazzo: pop e dialetto nella canzone d’autore italiana» di Marco Aime ed Emiliano Visconti, un saggio interessante sia per la sua introduzione all’argomento che propone una breve storia della lingua italiana e dei dialetti, sia per l’argomento stesso ossia l’utilizzo del dialetto nella canzone italiana, antica e non.

Per chi si interessa ai dialetti, all’inizio c’è sempre questa domanda del «ma è una lingua o un dialetto?» che spesso rimane irrisolta perché la differenza tra lingua e dialetto non è chiara. Dal punto di vista linguistico, non c’è: il «dialetto» napoletano per esempio è una lingua di origine latina come l’italiano, ed è definito «dialetto» solo perché nel corso degli anni dopo l’Unità d’Italia (e più tardi nel ventennio fascista) si è voluto mettere in risalto la lingua italiana e si sono disprezzate e svalorizzate le altre lingue. La lingua/dialetto napoletana ha la sua grammatica e il suo lessico, anche se si sono italianizzati con l’influenza della lingua nazionale.

Si legge spesso in rete che il napoletano sarebbe stato «riconosciuto» come lingua dall’Unesco, e che questo sarebbe la prova che si tratta di una «vera» lingua e non di un semplice dialetto. È falso, e l’opposizione lingua/dialetto è un dibattito sterile: è il contesto politico a decidere se un idioma è una lingua o un dialetto, non l’idioma stesso. In origine il portoghese era un dialetto ma quando il Portogallo si è staccato dalla Spagna è diventato lingua ufficiale del Paese, mentre la lingua napoletana parlata nel Regno delle due Sicilie è oggi chiamata «dialetto».


Aggiornamento del 12 agosto 2023: ho scritto un nuovo post che chiarisce la questione.