Il libro «Questa non è una canzone d'amore» di Alessandro Robecchi, su uno sfondo di legno.
La copertina del libro.

Ho letto «Questa non è una canzone d’amore» di Alessandro Robecchi, Sellerio editore (2014, 420 pp.). È stato il romanzo d’esordio di Robecchi (che aveva già scritto due libri prima, ma non di narrazione) e il primo della serie di Carlo Montessori.

Ho scoperto Robecchi in novembre dell’anno scorso leggendo «Una settimana in giallo», un libro di antologia gialla pubblicato dallo stesso editore (2021, 598 pp.), in qui sono raccolti diversi racconti di autori diversi, sempre sullo stesso tema del giallo che si svolge in una settimana. Avevo finito di leggere «L’architettrice» di Melania Mazzucco a Roma e cercavo un libro per occuparmi nel treno Roma-Torino-Parigi di ritorno. In effetti è stato un libro scorrevole, ho letto quasi 400 pagine durante il tragitto. Il racconto di Robecchi mi ha piaciuto per il suo modo di descrivere le persone e le cose in chiave ironica e (quindi) divertente.

In «Questo non è una canzone d’amore» si ritrova questo stile sarcastico, anche se a volte può diventare pesante a forza di ripetizione. Il romanzo segue un tale Carlo Montessori, autore di un programmo televisivo di bassa qualità ma di altissimo successo —Crazy Love—, scapato a un tentato assassinio di cui non si sa il motivo. Con i suoi amici Nadia Federici e Oscar Falcone, cercano di fare luce sulla faccenda. Fanno una vera inchiesta parallela a quella della polizia, mentre un’altra stagione di Crazy Love si prepara ad andare in onda contro la volontà di Montessori. Altri personaggi appaiono piano piano e diverse storie parallele si svolgono per tutto il libro fino al gran finale.

La storia è intrigante e il libro coinvolgente, anche se a volte è difficile seguire tutte le storie parallele. Per me il più difficile è stato distinguere la coppia formata del biondo e del socio (i miei personaggi preferiti) da un lato e quello di Hego e Clinton dell’altro, perché entrambe i gruppi di personaggi hanno una storia e uno scopo simili.

Dal punto di vista della lingua non c’è niente da dire, il libro se legge facilmente. Il vocabolario usato è comune. Conoscere un po’ Milano può aiutare a capire i luoghi ma non è indispensabile.

È un libro che vi consiglio se vi piacciono i gialli con dialoghi sarcastici e molti personaggi.