Uscendo dall’Istituto italiano di cultura di Parigi questo giovedì sera di dicembre, mi ritrovo sotto la pioggia, a notte fonda, con la luce gialla dei lampioni riflessa nelle pozze.

Fa freddo, cammino in fretta perché voglio tornare a casa. Dritto, lungo la rue de Varenne, una strada poco trafficata, con pochissimi negozi e più poliziotti che gente comune per strada. Si capisce, qua c’è la sede del Primo Ministro, del Ministero dell’agricoltura e di quello delle relazioni col Parlamento. Siamo vicini alle ambasciate d’Italia, Svezia, Corea, Polonia e Tunisia. È un quartiere strano di sera, non c’è nessuno a parte i poliziotti armati che scrutano ogni passante.

Aggiusto il cappuccio per proteggermi dalla pioggia, ma spesso affondo il piede in una pozzanghera creata dall’irregolarità del pavimento. Non c’è nessun albero (sono dietro i grandi portoni degli hôtels particuliers), e i marciapiedi sono così stretti che bisogna scendere sul lastrico per incrociarsi.

Dopo dieci minuti ecco la metro, Invalides, linea 8, sei minuti di attesa.