Un altro mese a Napoli
L’anno scorso ho vissuto per tutto il mese di giugno a Napoli. Poi a novembre sono andato a Palermo per quattro settimane, e quindi volevo partire di nuovo verso maggio-giugno di questo anno. Ho una lista di città in cui vorrei andare, sia per visitare la città stessa che scoprire la storia e la cultura della sua regione. Prima non mi era mai capitato di fare due mesi nella stessa città.
L’ultima volta, non ero stato totalmente soddisfatto del mio soggiorno a Napoli: avevo sentito come un sentimento di ostilità della città nei miei confronti, per due ragioni che possono sembrare banali ma ripetute ogni giorno durante un mese diventano parte dell’esperienza vissuta là. La prima è che quando camminavo per i vicoli, c’era sempre gente affacciata alle finestre dei bassi che guardava ognuno che passava davanti, e mi guardavano con insistenza come se fosse un ladro. Almeno è stato la mia impressione, anche se di certo non avevano niente contro di me e facevano la stessa cosa con ogni sconosciuto. L’altra ragione era l’attraversamento della strada, una cosa quotidiana a cui il napoletano non fa attenzione, ma per uno che viene di una città del nord il contrasto è molto forte.
Oltre a queste due raggioni, avevo sofferto del calore lavorando in casa ogni giorno senza aria condizionata, e non avevo incontrato molta gente. Avevo camminato molto, ma avevo fatto poco sport perché le scale e il dislivello mi impedivano di correre come faccio di solito a Parigi. Ero andato in molti ristoranti, ma avevo trovato difficile trovare cibo non fritto.
Insomma, anche se nel complesso il soggiorno mi era piaciuto, la città m’aveva lasciato un sapore amaro. Ho spesso sentito dire che Napoli è una città speciale: o ti piace o non ti piace, senza via di mezzo. A me non piaceva stare con questo sentimento negativo e volevo capire perché c’era gente che si era innamorata di questa città. Ero ancora affascinato dalla sua lingua, e perciò qualche mese dopo ho iniziato a seguire delle lezioni di napoletano online.
A febbraio di quest’anno, stavo pianificando il mio mese primaverile in Italia, e siccome avevo iniziato queste lezioni di napoletano e che ero ancora incuriosito del fascino di Napoli, ho deciso di tornarci. Stessa città quindi, stesso alloggio, con le stesse persone. Ma ho cambiato un po’ certe cose: ho prenotato un mese in uno spazio di coworking vicino per uscire di casa e incontrare più gente; ho controllato i programmi dei teatri; sono partito a maggio invece che giugno per avere meno caldo.
All’inizio del mese la città era molto allegra visto la probabile vittoria dello Scudetto, e l’ho trovata più piena di turisti rispetto all’anno scorso, e (non saprei dire perché) più accogliente. Ho avuto la fortuna di essere in città quando la squadra ha vinto lo Scudetto, e malgrado il bruttu tiempo in generale sono uscito di più rispetto all’anno scorso: sono andato al Teatro Bellini (grande e piccolo), all’Augusto e due volte al Viviani. Avevo un biglietto per il San Carlo ma lo spettacolo è stato cancellato all’ultimo momento.
È stata una buona idea tornare nella stessa città, perché avevo già più o meno la mappa mentale della città, sapevo muovermi, sapevo la differenza tra i mezzi ANM, EAV e Trenitalia che mi avevano un po’ spiazzato la prima volta. Conoscevo già la mia host e sapevo come funziona la casa. Ho ritrovato i miei ristoranti preferiti e i locali che mi piacciono. Nonostante questo, in quasi 40 giorni ho visto tante cose ma non ho avuto il tempo di tornare in tutti i posti in cui ero stato l’ultima volta: sono andato una sola volta su lungomare, e ancora questa volta non ho visitato il Castel dell’Ovo e non sono andato a Capri.
A Napoli, ho visto la Cappella Sansevero, il Museo del Tesoro di San Gennaro, Pio Monte della Misericordia, il piccolo ma molto interessante museo dell’Archivio storico del Banco di Napoli, la Casa Morra e il molto strano museo di Hermann Nitsch, e tanti altri. Anche qualche luogo meno conosciuto come lo Scugnizzo liberato (durante il festival Li(b)bra), la biblioteca della Santa Fede Liberata e il cimitero di Santa Maria del Pianto (dove sono le tombe di Totò e Eduardo). Ho mangiato una pizza da Starita, delle trippe alla trattoria Le Zendraglie, un panino al friariello durante la Festa omonima e una coppetta di gelato bianco-azzurro (per festeggiare lo Scudetto) a Gelosità nel Vomero. Sono andato fino a Posillipo e al Parco Virgiliano.
Fuori Napoli ho visto il museo Pietrarsa, sono salito al cratere del Vesuvio e quello del Monte Nuovo (molto più piccolo ma senza la folla), sono tornato al Lago d’Averno e ho visitato il Museo archeologico dei Campi Flegrei. Sono andato alla Reggia e all’orto botanico di Portici, a Torre del Greco e a Torre Annunziata, a Ischia e a Bagnoli.
Insomma, tante cose eppure quando sono andato via mi restavano altrettante cose da fare e da visitare.
Ho anche passato molto tempo tra le bancarelle di Port’Alba e nelle librerie indipendenti alla ricerca di libri per soddisfare la mia curiosità nei confronti della lingua napoletana. Il fatto di capire (un po’) il napoletano mi ha reso la città più decifrabile. Ho pure potuto incontrare la mia professoressa di napoletano e abbiamo potuto chiacchierare dal vivo, anche se faccio ancora fatica ad esprimermi in napoletano in modo chiaro e fluido.
In conclusione, questo soggiorno è stato molto piacevole, e non vedo l’ora di tornare a Napoli.